Come e perché smaltire rifiuti tecnologici: lunga vita al bidone barrato #report - HDblog.it

2022-06-03 18:38:33 By : Ms. caroline Huang

Comprare prodotti tecnologici è semplice, accumularli è conseguente, smaltirli correttamente non così immediato. Essere consapevoli del perché e del come è la premessa indispensabile per compiere qualsiasi attività; per questo scegliamo di dedicare un approfondimento al tema sempre più attuale dei rifiuti tecnologici. L'articolo è diviso in più sezioni per semplificare la lettura. Ciascuna può essere raggiunta tramite l'indice sotto riportato. Chi è interessato ad una trattazione sintetica può immediatamente saltare alla sezione FAQ.

Abbiamo chiesto ai membri di un gruppo abbastanza esteso di contatti se hanno mai visto il simbolo in apertura e se ne conoscono il significato. E' un bidoncino barrato, si trova sui prodotti hi-tech che non possono essere semplicemente smaltiti come un qualsiasi altro rifiuto indifferenziato. Si può considerare l'emblema che segna il confine tra l'utilizzo razionale del prodotto per tutto il suo ciclo di vita - dalla nascita (acquisto), alla morte (dismissione) - e un uso scriteriato, poco rispettoso dell'ambiente, e inadeguato per dare concretezza alla cosiddetta economia circolare - nelle economie sviluppate, parafrasando Lavoisier, tutto si crea, poco si dovrebbe distruggere e molto, per non dire tutto, dovrebbe essere riciclato.

Le risposte sono state sconfortanti, soprattutto perché, nella maggior parte dei casi, provengono da persone che fanno largo uso di prodotti tecnologici, come smartphone, tablet, PC, accessori, e perché la normativa che impone ai produttori di utilizzare questo simbolo è in vigore da anni nel nostro Paese (1). Si conosce molto bene come acquistare tecnologia, si è informatissimi su offerte, sconti, promozioni, ma, tendenzialmente, molto meno su come il prodotto vada smaltito quando diventa un rifiuto, e sul perché complicarsi la vita seguendo determinate procedure se il dispositivo può essere semplicemente lasciato ad ammuffire in un cassetto.

Il significato è chiarito dalla normativa europea e da quella italiana che l'ha recepita (1): Il simbolo che indica la raccolta differenziata delle AEE (apparecchiature elettriche ed elettroniche, ndr.) è un contenitore di spazzatura mobile barrato [...] Il simbolo è stampato in modo visibile, leggibile e indelebile. Stesso simbolo è applicato a pile e accumulatori, che vanno smaltiti secondo procedure ben definite. Perché sarebbe opportuno essere un po' tutti meno pigri e consapevoli di tali procedure lo suggeriscono molte fonti, ad esempio il rapporto E-waste Monitor 2017 sui rifiuti elettronici (e-waste) prodotti a livello mondiale redatto dall'ITU (Unione internazionale delle telecomunicazioni), in collaborazione con l'Università delle Nazioni Unite:

44,7 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici prodotti nel 2016 a livello mondiale - o, per usare un'altra metrica, 6,1 chilogrammi per abitante - di cui solo il 20 per cento è stato riciclato. Sono riconducibili all'Europa 9 milioni di tonnellate di e-waste. Una montagna di spazzatura hi-tech che, secondo le stime, supererà i 52 milioni di tonnellate annue a livello mondiale entro il 2021 (2) con un tasso di crescita compreso tra il 3 e il 4 per cento di anno in anno.

Il consumatore può contribuire ad evitare il pericoloso accumulo seguendo semplici regole. Verificato se il simbolo del bidoncino barrato è riportato sulla confezione e/o sulla scocca del prodotto, si avranno a disposizione due strade quando il medesimo si trasformerà in rifiuto:

Prima di dedicarsi alla caccia al tesoro domestica, per individuare quanti e quali prodotti devono essere smaltiti secondo la modalità differenziata, è bene conoscere le cinque categorie di RAEE (sono denominate raggruppamenti) previsti dalla normativa vigente, alle quali va aggiunta quella delle pile e degli accumulatori:

In caso di dubbi sulla classificazione, si invita a consultare le pagine dei raggruppamenti presenti nel sito del CdC RAEE (Centro di Coordinamento RAEE): R1, R2, R3, R4 ed R5.

Il rifiuto RAEE va consegnato ad un Centro di Raccolta autorizzato: per scoprire dove si trovano, è sufficiente collegarsi al sito del CdC (Centro di Coordinamento RAEE), entrare nella pagina dedicata ai servizi per il Cittadino, e successivamente accedere alla sezione "Ricerca Centro di Raccolta". Basta inserire i dati della propria Regione, Provincia e Cap per ottenere le informazioni desiderate. Per ogni Centro di Raccolta vengono chiaramente indicati i raggruppamenti gestiti (ved. tabella in alto) e il Sistema Collettivo (3) che si occupa di farlo. Recandosi presso i Centri autorizzati di Raccolta è possibile smaltire correttamente i rifiuti AEE

Un altro canale per lo smaltimento dei rifiuti RAEE è rappresentato dagli stessi rivenditori che permettono di sfruttare le modalità di conferimento Uno contro Uno e Uno contro Zero. La prima dà la possibilità di consegnare gratuitamente il prodotto da smaltire in caso di acquisto di un prodotto equivalente - es. consegna del vecchio TV in fase di acquisto di un nuovo modello.

Dal 2016, inoltre, se il prodotto non supera i 25 cm (dimensioni esterne inferiori ai 25 cm, dice la normativa), allora è possibile consegnarlo al punto vendita (deve avere una superficie non inferiore ai 400 mq*), sempre gratuitamente, ma senza dover necessariamente acquistare un prodotto equivalente - uno smartphone non più funzionante, quindi, viste le dimensioni, si potrà sempre consegnare senza obbligo di acquistarne uno nuovo (modalità 1 contro 0). Quanto sopra vale per gli utilizzatori finali, ovvero i consumatori, soggetti diversi dagli operatori professionali.

Il rivenditore, in entrambi i casi, è obbligato a soddisfare le richieste del cliente, perché si tratta di un dovere previsto dalla normativa italiana. Individuare una postazione come quella della foto poco sopra, per sfruttare lo smaltimento 1 contro 0, non è particolarmente complicato - basta prestare attenzione durante la prossima visita nel punto vendita e, in caso di dubbio, chiedere al personale.

*il legislatore vuole evidentemente evitare di imporre oneri a carico dei piccoli rivenditori

L'attuale sistema di gestione dei rifiuti RAEE è entrato in vigore in Italia nel 2008 e si basa sul principio fondamentale della responsabilità del produttore - ovvero colui che produce, importa o commercializza il prodotto con il proprio marchio. Tale responsabilità, valida in ragione della quota di mercato individuale, si traduce nell'obbligo di finanziare e gestire un sistema per il riciclo dei prodotti (eco-contributo), che scatta quando i medesimi diventano rifiuti e termina nel momento in cui tali rifiuti sono trattati e trasformati in materie prime.

Per soddisfare gli obblighi, i produttori possono unirsi ai Sistemi Collettivi: sono organizzati in forma consortile e impegnati nelle attività di ritiro dai centri di raccolta, e nella successiva attività di trasporto dei RAEE ai centri di trattamento, riciclo e smaltimento. I Sistemi collettivi possono essere mono raggruppamento o multi raggruppamento in base alla capacità di gestire uno o più raggruppamenti. La normativa prevede una quantità minima di materiale recuperato (4) e riciclato (5).

Si tratta, quindi, di un sistema articolato formato da cittadini, punti vendita, aziende e istituzioni. In quest'ultima categoria si collocano, oltre ai Sistemi Colletivi, anche Centro di Coordinamento RAEE (istituito dai Sistemi Collettivi), il Registro nazionale del produttori AEE (obbligati a finanziare i sistemi di gestione dei RAEE), e i comitati di Vigilanza e Controllo, e di Indirizzo.

Il sistema di gestione dei rifiuti RAEE sarà a breve oggetto di un ulteriore potenziamento: a partire dal 15 agosto 2018 (6), infatti, le categorie di AEE saranno riviste sulla base di criteri dimensionali oltre che in base alla tipologia. Tutti i prodotti per i quali non sarà prevista una specifica esclusione rientreranno nella categoria degli AEE (criterio dell'open scope, ovvero dell'ambito di applicazione esteso); si assisterà quindi ad un'ulteriore estensione della mole di prodotti che dovranno essere smaltiti secondo le norme sul RAEE - per fare alcuni esempi: cavi, fusibili, termostati, sistemi di automazione, ma anche carte di credito con chip, biciclette elettriche, prese elettriche e molto altro.

La nuova disciplina, potenzialmente, può produrre molteplici vantaggi: si stimano 1,25 miliardi di euro risparmiati nell'acquisto di materie prime, dai 98 ai 112 milioni di euro di valore economico associato alle emissioni risparmiate, e 13-15.000 posti di lavoro creati. Se gli obiettivi di raccolta saranno rispettati (si punta a 2 milioni di tonnellate all'anno), la riduzione delle emissioni di CO2 potrebbe parallelamente ridursi di 2,2-2,5 milioni di tonnellate all'anno.

Nel sistema RAEE italiano, tuttavia, non mancano criticità recentemente messe in evidenza (7) da Walter Camarada, Presidente del consorzio Ecolight - primo per numero di aziende consorziate (1.700), quasi 24.000 tonnellate di rifiuti elettronici gestiti nel 2017. Anche se il modello italiano è riconosciuto come virtuoso (8), e la quantità di rifiuti tecnologici raccolti aumenta di anno in anno, anche nel l 2017 l'Italia non è riuscita a raggiungere gli obiettivi europei. Le problematiche sono sostanzialmente due e possono essere risolte con un'attività volta a potenziare i controlli, dice Camarada.

Da un lato il fenomeno della cannibalizzazione dei RAEE e dall'altro lo sviluppo di circuiti paralleli per il riciclo rende più difficoltoso raggiungere gli obiettivi prefissati. Per cannibalizzazione del rifiuto RAEE si intende l'attività con la quale si privano di componenti essenziali degli apparecchi elettrici ed elettronici, e che, in alcuni casi, rende più complicato il processo di recupero e messa in sicurezza. I componenti cannibalizzati - tendenzialmente quelli di maggior valore economico - diventano poi oggetto di traffici illeciti. Sull'altro fronte si registra l'esistenza di circuiti di riciclo che operano al di fuori delle regole. Ultimo aspetto migliorabile riguarda la gestione dei RAEE del raggruppamento R4 (piccoli elettrodomestici) presso i distributori.

Un sistema non perfetto anche per quanto riguarda l'adempimento degli obblighi di versamento dell'eco-contributo da parte di produttori e distributori. Camarada ricorda: ci sono ancora delle realtà che, pur chiamate a contribuire alla gestione dei RAEE, sfuggono ai loro obblighi, penalizzando di conseguenza i molti produttori e i distributori che invece responsabilmente partecipano. Sono poi da mettere in conto ulteriori interventi chiarificatori per rendere più semplice e meno equivoca la transizione verso il nuovo regime dell'open scope.

Raccolta, messa in sicurezza, trattamento e recupero descrivono le fasi del percorso virtuoso che permette di smaltire in maniera corretta il prodotto AEE e di riutilizzarne le componenti. Per schematizzare: dopo che consumatori, aziende ed enti consegnano al centro di raccolta il prodotto, il medesimo viene trasportato presso impianti specifici per eliminare le sostanze tossiche e nocive, e suddividerlo nei diversi materiali che lo costituiscono. Tali materie sono a loro volta trasferite verso altri impianti per la produzione di nuovi prodotti.

Gli utenti finali possono seguire l'andamento della gestione dei RAEE in Italia tramite appositi canali informativi che evidenziano, ad esempio, la quantità di rifiuti elettrici ed elettronici raccolti e quella delle materie prime critiche recuperate tramite l'attività di riciclo. Si segnala in primo luogo l'attività svolta dal Centro di Coordinamento RAEE che redige annualmente un rapporto sulla raccolta di RAEE svolta in Italia. Nel 10° Rapporto Annuale (9) - pubblicato il 28 marzo scorso e relativo all'attività svolta nel 2017 - si fa riferimento a 296.274.320 chilogrammi di RAEE, valore in crescita del 4,66 per cento (oltre 13 milioni di chilogrammi) rispetto all'anno precedente.

Si devono fare dei distinguo perché non tutte le regioni italiane vanno alla stessa velocità: il Sud Italia è tuttora carente di infrastrutture e ciò si riflette sui valori della raccolta complessiva media per abitante (4,89 kg la media nazionale): nelle regioni del Nord è pari a 5,95 chilogrammi, al Centro Italia si scende a 4,94, mentre Sud e Isole fanno arrestare la bilancia a 3,34 chilogrammi. Ai due estremi della classifica delle regioni che hanno raccolto la maggiore quantità di RAEE si trovano Valle D'Aosta (9,94 chilogrammi pro capite) e Puglia (2,70 pro capite).

Presso il sito ufficiale del Centro di Coordinamento RAEE, inoltre, è possibile monitorare costantemente le tonnellate di RAEE raccolte mensilmente e su base annua, suddivise per singoli raggruppamenti:

PERCENTUALI DI RACCOLTA RAEE fornite dal CDC RAEE

Raccogliere non basta. La fase successiva coincide con la messa in sicurezza, ovvero la separazione dei componenti e dei materiali nocivi. Nell'ultima fase si segue un percorso inverso rispetto a quello che porta alla produzione del prodotto: vere e proprie catene di (s)montaggio intervengono sul prodotto finito da cui ottengono nuovamente materie prime da riutilizzare in nuovi cilci produttivi. Si tratta di procedure in costante fase di affinamento per renderle quanto più efficienti possibili.

Tra i tanti esempi, si può citare il progetto attivato dal consorzio Ecolight in collaborazione con l'Università di Brescia e Stena Technoworld (10) volto a migliorare l'attività di recupero della plastica contenuta nei rifiuti RAEE, in particolar modo nei piccoli elettrodomestici, negli smartphone e nell'elettronica di consumo. Si stima, infatti, che i dispositivi del raggruppamento R4 sono composti al 30 per cento in materiali plastici, una concentrazione particolarmente elevata che andrebbe valorizzata superando le attuali criticità del processo di recupero (la grande varietà di polimeri che rende più difficoltoso ottenere frazioni omogenee e riutilizzabili, e le plastiche trattate con ritardanti di fiamma che complicano il processo di riciclo, rendendo necessaria un'ulteriore fase per separare la parte riciclabile della plastica).

Annualmente vengono prodotte in Europa circa 7-8 milioni di tonnellate di veicoli da rottamare e vendute oltre 800.000 tonnellate di batterie per automobili (11). A questi dati si somma il trend in crescita delle vetture a propulsione (in tutto o in parte) elettrica che farà ulteriormente lievitare la produzione di batterie ed elettronica destinata a finire nelle discariche. L'industria automobilistica dimostra di essere consapevole del problema ed ha iniziato ad attivare appositi programmi di riciclo. Senza andare troppo oltre gli argomenti prettamente ''tecnologici'', basti riflettere sulle iniziative adottate per riutilizzare le batterie dei veicoli.

Si può citare, ad esempio, la recente iniziativa della FIA ABB Formula E volta a riutilizzare le batterie delle monoposto, che possono ancora risultare utili, al di fuori di un contesto competitivo o quando risultano comunque inadeguate per l'autotrazione: possono essere usate, ad esempio, nei laboratori, nelle scuole, o per accumulare energia solare.

Anche Nissan ha pensato ad un modo per riutilizzare le batterie dei suoi veicoli elettrici giunte al termine del ciclo di vita. Il produttore nipponico ha pensato di donare alle vatterie della LEAF una seconda vita come accumulatori dell'energia prodotta da un sistema di illuminazione urbano basato su pannelli solari. E gli esempi possono proseguire con BMW e Renault, che, seguendo uno schema simile, reimpiegano le batterie dalle rispettive vetture elettriche come accumulatori di energia per edifici.

Al di là delle iniziative adottate dalle singole case automobilistiche, gli utenti finali possono contribuire ad una corretta gestione degli accumulatori per i veicoli, consapevoli del fatto che le batterie esauste vengono ritirate dalle officine al momento della sostituzione e possono essere consegnate presso un Centro di Raccolta.

1 grammo di mercurio contenuto in una pila può inquinare sino a 1000 litri di acqua - Remedia.

Le batterie delle autovetture sono solo una parte di quelle immesse sul mercato annualmente. La normativa (decreto 188/2008 e decreto legislativo 27/2016) distingue, infatti, tre tipologie di pile e accumulatori: pile e accumulatori portatili (ad esempio, quelli che si trovano negli smartphone o le powerbank) accumulatori per veicoli e accumulatori industriali. Alle già citate 800.000 tonnellate di batterie per auto, si devono sommare circa 190.000 batterie industriali e 160.000 tonnellate di pile portatili (non al piombo) che arrivano annualmente sul mercato (11).

Pile e accumulatori vengono differenziati dalla legge in base alla capacità di essere o meno ricaricabili - le prime non lo sono, i secondi si - entrambe le categorie sono accomunate da regole analoghe a quelle previste per i rifiuti RAEE: si tratta di rifiuti speciali, contrassegnati dal simbolo del bidoncino barrato e non possono essere smaltiti insieme ai rifiuti indifferenziati, non solo per recuperare le materie riutilizzabili, ma anche per impedire che lo smaltimento scorretto produca danni all'ambiente. Pile e accumulatori contengono infatti sostanze dannose come il piombo, il cadmio, lo zinco e il mercurio.

Il sistema di gestione di pile e accumulatori italiano segue lo stesso modello adottato per i RAEE: il decreto 188/2008 ha istituito il Centro di Coordinamento Nazionale Pile e Accumulatori che si occupa delle attività di coordinamento, monitoraggio e organizzazione dell'attività di raccolta - mediante una struttura consortile (i sistemi collettivi, molti dei quali si occupano anche di RAEE) - di dialogare con la pubblica amministrazione e di attivare apposite campagne di informazione rivolte ai consumatori. Anche nel caso delle pile e degli accumulatori portatili sono previsti canali di smaltimento facilmente accessibili per il consumatore: centri di raccolta comunali, contenitori gestiti dagli enti locali, e rivenditori.

Le iniziative adottate a livello italiano sono diretta conseguenza degli indirizzi comunitari. Le istituzioni europee partono da semplici premesse di base: l'Europa importa materie prime critiche, come metalli preziosi e terre rare, ed il riciclo è una valida alternativa all'importazione. Le cosiddette materie prime si definiscono critiche sulla base di due elementi: l'importanza per l'economia e un elevato rischio di approvvigionamento (non sono materie inesauribili). Alcune di esse sono essenziali non solo per realizzare i prodotti oggi in commercio, ma anche per far evolvere le tecnologie delle energie rinnovabili.

Un esempio eloquente è rappresentato dal cobalto: si trova nelle batterie (anche quelle dei nostri smartphone), e due terzi della fornitura mondiale proviene dalle miniere della Repubblica democratica del Congo. Negli ultimi due anni il prezzo del cobalto è quasi triplicato, ed il cobalto è fondamentale per lo sviluppo della tecnologia verde (da quella impiegata per la mobilità, a quella per la produzione di energia pulita).

Un cambio di rotta è necessario, perché il futuro di una tecnologia così importante non può essere basata sul ruolo svolto da un solo Paese, in cui, tra l'altro le condizioni di lavoro nelle miniere di cobalto sono massacranti - si veda il rapporto di Amnesty International sullo sfruttamento dei minori (12): Il cobalto ha un ruolo fondamentale nelle soluzioni legate all’energia sostenibile: è un componente fondamentale nello sviluppo della cosiddetta tecnologia verde, come i parchi eolici e gli impianti per la produzione di energia solare. Ma la richiesta di cobalto rischia di sostenere anche le violazioni dei diritti umani (Joshua Rosenzweig, consulente di Amnesty International).

Il cobalto è una della materie prime critiche, ma non certamente l'unica contenuta nei prodotti di consumo che utilizziamo quotidianamente. Basti pensare che uno smartphone contiene indicativamente 40 materie prime critiche - come il gallio nei circuiti integrati e l'indio nello schermo touchscreen - e una concentrazione di oro da 25 a 30 volte più elevata rispetto a quella dei minerali auriferi primari più ricchi (13). Perché continuare ad importare dall'estero minerali quando è possibile estrarli riciclarli, qui in Europa, da quella che si può considerare una vera e propria miniera urbana? Un interrogativo ancor più giustificato quando si riflette che riciclare l'oro contenuto in uno smartphone è un'attività che inquina molto meno rispetto all'estrazione da un minerale.

E' giusto avere la consapevolezza che ogni cittadino europeo contribuisce ad alimentare tale miniera con veicoli in disuso, batterie esauste e rifiuti elettrici ed elettronici. Non si usa a caso l'espressione miniera urbana (urban mine), visto che è lo stesso termine usato nell'ambito di un'iniziativa comunitaria denominata Urban Mine Platform. Si tratta di un database centralizzato in cui confluiscono e vengono organizzati i dati inviati dai 28 Stati membri dell'Unione (più Svizzera e Norvegia) che permettono di tenere traccia dell'intero ciclo di vita delle risorse minerarie: dall'estrazione, sino al termine del prodotto in cui sono state impiegate (ovvero nel momento in cui si trasforma in rifiuto).

Il database è liberamente consultabile da chiunque - anche se il primo impatto può risultare spiazzante per la mole dei dati raccolti e le diverse modalità per organizzarli. Di fatto è possibile tenere traccia del numero e del tipo di prodotti immessi sul mercato, quelli in stock (usati o accantonati) e quelli trasformati in rifiuti. Dei singoli prodotti si possono conoscere le componenti chiave che li costituiscono; da ultimo, è possibile monitorare il flusso dei rifiuti. In altri termini, anche se non si tratta di una valutazione esatta - l'affidabilità dipende dall'effettivo contributo dato dai singoli stati allo sviluppo del database - chiunque (aziende, governi, e singoli) può avere la percezione dell'ammontare delle risorse preziose di cui l'Europa dispone e che richiedono un'adeguata attività di riciclaggio per essere reimmesse nel circuito produttivo.

Il riciclaggio di prodotti tecnologici - dovrebbe esser chiaro dalla lettura dei precedenti paragrafi - rappresenta un tassello del ben più strutturato programma europeo sull'economia circolare adottato a fine 2015 (14). Un concetto che significa cambiare approccio alla produzione: dal modello che la stessa Comunità Europea definisce del prendi, produci, usa e getta, e che ha caratterizzato le economie europee, a partire dalla rivoluzione industriale, si cerca di passare ad un uso più oculato delle risorse, in base al presupposto che non sono né abbondanti, né illimitate e accessibili ed eliminabili a basso costo. In un'economia circolare, ricorda l'Europa, i prodotti mantengono il loro valore aggiunto il più a lungo possibile e non ci sono rifiuti. E' un obiettivo difficile, perché implica la collaborazione di istituzioni politiche e aziende impegnate a prevedere, sin da quando il prodotto viene progettato, quale sarà la sua destinazione una volta che si trasformerà in rifiuto.

Un esempio contribuirà a chiarire il concetto: si pensi a quanto può risultare semplice o complicato riparare un determinato dispositivo tecnologico, un moderno smartphone o un portatile, ad esempio. L'Unione Europea auspica che i prodotti siano concepiti per essere facili da mantenere in buono stato, da riparare, ammodernare, rifabbricare o riciclare e definisce ecocompatibile tale metodo di progettazione. La strada da percorrere, tuttavia, è ancora lunga: basti ricordare il rapporto diffuso da Greenepeace in collaborazione con iFixit nel 2017 (15). I produttori di smartphone, portatili e tablet sono stati accusati senza mezzi termini di rendere troppo presto obsoleto il prodotto, complicando le operazioni di riparazione e manutenzione, in netto contrasto con i principi da rispettare per realizzare un'economia circolare.

Ma l'Europa non demorde: Il 18 aprile scorso il Parlamento Europeo ha approvato (16) quattro nuove direttive per il riciclo dei rifiuti, una delle quali espressamente dedicata ai rifiuti da batterie, componenti elettriche ed elettroniche. La disciplina si basa su due principi fondamentali: incrementare l'attività di riciclaggio dei rifiuti domestici e ridurre quella dello smaltimento in discarica. In sintesi, è un pacchetto normativo che definisce l'indirizzo condiviso degli Stati europei sulla gestione dei rifiuti per i prossimi anni.

La discarica è la peggiore opzione per la gestione dei rifiuti, sia in termini ambientali, sia economici - Parlamento Europeo

Entro il 2025, dice la normativa, almeno il 55 per cento dei rifiuti urbani prodotti da singoli e imprese dovrebbe essere riciclato. Una percentuale destinata a crescere al 60 per cento entro il 2030, e al 65 per cento entro il 2035. Specifici obiettivi sono previsti anche per i materiali da imballaggio: il 65 per cento dovrà essere riciclato entro il 2025, il 70 per cento entro il 2030 - ci sono poi obiettivi specifici per i singoli materiali da imballaggio (carta, cartone, plastica, legno, vetro, etc).

L'aumentare della quantità di rifiuti (tecnologici e non) riciclati, si accompagna ad una riduzione di quelli conferiti discarica, i base al principio che la discarica sarà un'eccezione. L'Europa punta a raggiungere una percentuale di rifiuti collocati in discarica nella misura massima del 10 per cento entro il 2035. Nel nostro continente esistono esempi virtuosi ed altri che lo sono meno: nel 2014, ad esempio, mentre Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Paesi Bassi e Svezia non hanno smaltito in discarica alcun rifiuto urbano (li hanno completamente riciclati), Cipro, Croazia, Grecia, Lettonia e Malta, hanno depositato in discarica più del 75 per cento dei rifiuti urbani.

Smaltire correttamente rifiuti tecnologici è semplice e richiede nozioni minime, eppure l'incompreso bidoncino barrato è il segnale che qualcosa ancora non va nel livello base della filiera. Scarsa conoscenza, pigrizia e sfiducia nei confronti del sistema, che in Italia non è ancora perfetto, creano il terreno fertile per lasciare ammuffire nei cassetti o in cantina prodotti inutilizzati piuttosto che portarli in un Centro di Raccolta.

Gli interessi in gioco sono molto maggiori rispetto a quelli che rientrano nella propria, limitata, sfera individuale. Riguardano l'economia dell'Europa, che deve limitare la dipendenza dalle nazioni extra europee per l'approvvigionamento delle materie prime critiche - a maggior ragione se provengono da Paesi in cui l'attività di estrazione è effettuata sfruttando oltre misura lavoratori ed ambiente - e toccano direttamente i temi della produzione ecosostenibile - riciclare inquina meno dell'attività di estrazione, ed evita che sostanza nocive contenute nei prodotti hi-tech si disperdano nell'ambiente.

Superata la visione individualistica, che porta a trovare gratificazione con il semplice acquisto dell'ennesimo gadget tecnologico, l'articolato tema dello smaltimento dei rifiuti tecnologici e dell'economia circolare può essere efficacemente descritto con l'immagine di un padre, consapevole che le risorse della famiglia sono limitate e non vanno disperse, ma valorizzate. Lo sforzo richiesto è minimo, basta essere consapevoli dell'intero ciclo di vita del prodotto: non accontentarsi di recuperare informazioni su come va, quanto costa, come si usa, ma anche su cosa fare quando non serve più ai nostri scopi, perché non più funzionante o per noi obsoleto.

(1) E' stata introdotta dalla Direttiva europea 2002/96/CE, entrata in vigore il 13 agosto 2005. La direttiva rettificata 2012/19 EU, nota come "Riciclo RAEE" o "RAEE2", è entrata in vigore il 13 agosto del 2012 ed è stata attuata in Italia con il Decreto Legislativo 49/2014 (2) Dati rapporto Global E-Waste Monitor 2017 (3) Sistema collettivo: consorzio di aziende impegnate nelle attività di ritiro di RAEE, pile e accumulatori dai centri di raccolta e di trasporto ai centri di trattamento, riciclo e smaltimento (4) La legge definisce come recupero: qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all'interno dell'impianto o nell'economia in generale. (5) La legge definisce come riciclaggio: qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il trattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento (6) Il cambiamento è stabilito dal Decreto RAEE 49/2014 (7) Rifiuti elettronici, per migliorare la raccolta servono controlli più rigorosi (8) Riciclo dei rifiuti, Italia Paese virtuoso (9) 10° Rapporto Annuale sul sistemea RAEE - Centro di Coordinamento RAEE (10) Nuove tecnologie per migliorare il riciclo della plastica dei rifiuti elettronici: da Ecolight, Università di Brescia e Stena Technoworld un progetto per l'ambiente (11) Fonte: Remedia e Ecolight (12) La catena di fornitori di cobalto non affronta il tema del lavoro minorile (13) Fonte: rapporto ProSUM (14) Commissione adotta un nuovo e ambizioso pacchetto di misure sull'economia circolare per rafforzare la competitività, creare posti di lavoro e generare una crescita sostenibile (15) 5 ways tech companies are making your device die too soon (16) Circular economy: More recycling of household waste, less landfilling

Se lo status del vostro armadio da irrecuperabili nerd non è molto differente da quello sopra raffigurato, avete probabilmente trovato un ulteriore motivo per iniziare a mettere in atto le migliori pratiche lo smaltimento dei rifiuti elettrici ed elettronici. Mogli e compagne ringrazieranno (colmando il vuoto con prodotti molto poco tech)

avere un figlio gay è una vergogna anche al nord

Ma poi alla fine non gliel'hai messo...

Più che altro è rischioso mettere delle scorie nucleari su un missile sperando che vada tutto bene, oltre ai costi insostenibili, se questa ipotesi è stata vagliata, è stata scartata nel giro di un mezza giornata, molto più sicure sottoterra.

Non tutti i rifiuti sono riciclabili, ad alcuni seppur riciclabili necessitano trattamenti ad alto impatto ambientale., credevo fosse ovvio il riferimento a materiali non riciclabili o particolarmente tossici. La questione era nata principalmente per liberarsi delle scorie nucleari piuttosto che stoccarle sottoterra.

lo puoi gia fare con l'acqua se vuoi. i miei nonni ad esempio si fanno portare l'acqua a casa, arrivano gli danno 4 casse (non sono sicuro, potrebbero essere anche più casse) da 12 bottiglie d'acqua in vetro, e si riprendono le bottiglie vuote, però magari non è una soluzione adatta a tutti, magari c'è chi non può spendere 20 euro tutti in una volta per prendere l'acqua, e magari visto che la spesa la devono fare comunque, preferiscono prendere di volta in volta 2-3 euro d'acqua. poi col fatto che te la portano fino a casa costa sicuramente qualcosa di più, e non credo che fare una cosa del genere al supermercato, sia una cosa fattibile. in alternativa ti puoi comprare delle bottiglie di vetro e comprare i depuratori, oppure andare a prendere l'acqua nei depuratori pubblici.

basterebbe il vuoto a rendere...

si ma se facessi per dire l'acqua in vetro, dubito che al supermercato riusciresti a tenere i prezzi tipo 30 centesimi (o anche meno) a bottiglia per 1.5L.

il vetro ha un costo maggiore. la birra è vero che c'è anche da meno di 1 euro, ma una bottiglia di birra non è da 1.5L ma da 0.33 o 0.66 normalmente (parlando di quelle da supermercato).

basterebbe fare il vuoto a rendere, poi una bottiglia di birra costa anche meno di un euro

fai bene, io sto in campagna il mio vicino (che sta a tipo 100mt da casa mia) ogni tanto da a fuoco alla plastica, ma non posso chiamare i carabinieri o chi altro visto che 1) mi sono parenti 2) non ci sono altre case negli immediati dintorni, quindi sarebbe evidente che la chiamata è partita da noi, e iniziare a litigare poi non ne vale la pena

la bandiera blu la danno anche ad una città vicino casa mia, peccato che le sue acque poi facciano schifo, quindi per come la vedo io, bandiera blu, non è sinonimo di acqua pulita. c'è il porto vicino, ed è anche capitato che la gente dopo aver fatto il bagno in quelle "bellissime" acque, poi sia stata male o abbia avuto reazioni sulla pelle a causa di una forte concentrazione di batteri nelle acque, costringendo addirittura a mettere il divieto di balneazione. con questo non voglio dire che il tuo comune non faccia raccolta differenziata o che le acque del tuo comune siano inquinate, dico solo che per quanto ho visto, la bandiera blu non sempre significa che le acque sono belle limpide come ci si aspetterebbe

a casa paghiamo la raccolta differenziata, il comune ci viene a ritirare solo indifferenziato e organico (ma questo servizio non lo sfrutto in quanto a casa abbiamo il composter), perchè a detta loro costa troppo passare nelle case a ritirare tutto il resto (plastica, carta, alluminio/vetro), quindi siamo noi che dobbiamo smaltirci da soli questi rifiuti, andando negli appositi cassonetti a svuotarli, e questi cassonetti sono a 2km da casa, quindi non proprio comodissimo. ma intanto paghiamo come quando ci passavano a prendere tutti i rifiuti.

tutto molto bello... ma noi utenti comuni non ce ne facciamo una mazza, è inutile un passaparola tra utenti privati, non siamo noi che li dovremmo comprare, e dubito che comuni province e altri enti pubblici lo adottino solo perchè hanno visto il passaparola sui social

Scusa, non troviamo più batterie per cosa?

Ah, ci sei andato cauto... Io ne avrei detti di più.

Ma che c'entra il tuo discorso. Essere maleducati e incivili è colpa dei produttori?

Se si butta la carta per terra è colpa di chi la produce?

Purtroppo le riparazioni spesso a momenti costano quasi quanto acquistarlo nuovo, e il tecnico non ti da nessuna garanzia, mi è capitato con un tv 32 pollici, pagato sulle 350, per ripararlo ce ne volevano 150, e non era detto che non si ripresentasse il problema, chiaro che ti fai due conti, butti il vecchio e passi al nuovo, un 32 pollici oggi lo trovi anche a 220 euro e a volte in regalo, se acquisti ad esempio un frigorifero di 500/600 euro, insomma te li buttano dietro, comincia a valere la pena riparare, quando un elettrodomestico ti costa dai 600 euro in su, ma dipende sempre dal preventivo.

Ti dicono proprio tutto quello che devi pensare.

Sisi parlavo per chi ha una società, ma ancora peggio è l'utente finale...non credo che siano in tanti ad andare all'isola ecologica

Convinto tu... Infatti per questo non troviamo più batterie removibili

Costa più del nuovo acquisto, solitamente

Così funziona in parte anche qua, nelle aeree di raccolta per ogni tot. di kg che porti non ti danno soldi ma hai diritto a degli sconti sulla bolletta dei rifiuti. Però per avere uno sconto rilevante devi portare quintali di materiale :D

È naturale, si rivolge agli appassionati ed è giusto così

mi stanno capitando parecchi elettrodomestici grandi e piccoli che guarda caso si sfasciano appena finita la garanzia così li porti a riparare eh...la riparazione ti costa un occhio della testa e cosa fai? te lo ricompri nuovo. Purtroppo la colpa non è affatto del consumatore

Interessante questo articolo ma lo leggo dopo, vado a fare dei drop test da mettere su YouTube

Anche adesso durano, il problema è che al primo problema anche parziale si buttano, la riparazione non passa neanche nell'anticamera del cervello di solito

Questo blog vive grazie a questo tipo di pubblico

Tu in che caso ti sei creato? Ti hanno picchiato da piccolo con un dizionario d'inglese?

basterebbe obbligare a usare solo vetro al posto della plastica... non capisco perché la birra si venda solo in vetro mentre per tante altre bevande, yogurt, ecc. si usi solo la plastica

Non pensavo fossi uno schifoso culattone.

Vabbè che dall'avatar da checca un po' si capiva.

Non ancora... Ma ti piace tanto l'italiANO... coincidenze?

Veramente io commentavo le statistiche. Numeri non pregiudizi.

Rileggi il mio commento sopra... Maxim Castelli. Per gli amici "itagay"

Se lo fai vicino casa mia, prima ti rompo le gambe e poi chiamo i carabinieri, non mi nascondo dietro un dito, e cmq i carabinieri non hanno l'obbligo di riferire chi ha chiamato, anzi credo proprio non lo possano fare, l'importante e che ti trovano mentre lo fai e son dolori perchè adesso si va sul penale.

Non mi chiamo ics di.

Sai quanto me ne fotte... XD

No, guarda che sono serio... Avvisa ma stai anonimo. Alla gentaglia che fa quelle cose, non piace essere "disturbati". Poi se sanno chi sei ti fanno solo dispetti.

Vabbè che commento a fare, rimanete con i vostri stereotipi del caxxo, che vi devo dire, giratela un po' l'Italia prima di parlare.

Facendo così però, assicurati di restare anonimo e non farti vedere.

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