Il sorpasso, così l’industria alimentare si avvia a superare l’automotive - Corriere.it

2022-07-01 17:55:08 By : Ms. Helen Ge

L’industria alimentare piemontese viaggia in corsia di sorpasso. Entro la fine dell’anno potrebbe superare, per valore delle esportazioni e forse anche per peso della produzione manifatturiera l’automotive. Al traguardo del 2021, ad ogni modo, ci sarà ben poco da festeggiare. Perché il crollo dell’auto, frenata prima dalle trasformazioni tecnologiche del settore e poi dal Covid 19, rischia di far perdere posizioni a tutto il Piemonte. Ma in mezzo al terremoto c’è anche una buona notizia. E cioè che sul podio dei nuovi motori dell’economia potrebbe salire una squadra di emergenti campioncini regionali. Si tratta delle aziende dell’automazione e della robotica cresciute attorno ai big dell’alimentare, come Ferrero, Lavazza, Balocco, Fonti di Vinadio, e del beverage, dai vini delle cantine del territorio fino alla Campari, Bacardi e alla Diageo. Le loro insegne sono poco note ai non addetti ai lavori: Abrigo, Gai Macchine Imbottigliatrici, Unipan, Boema, Cubar, Prima Srl, Merlo, Icas, Merlo, Olivero, Alba Teknoservice, le coop Santa Vittoria e Unecom. Senza far troppo rumore hanno creato una filiera dell’agritech, macchine per la produzione e il packaging di vini, grissini, cioccolata, pasta e biscotti, che ha conquistato la leadership mondiale.

Dici food in Piemonte e pensi a Ferrero e Lavazza, 11,4 miliardi di ricavi la prima e 2,2 la seconda. Assieme non fanno il fatturato di Fca (100 miliardi), ma la presenza sul territorio di due grandi multinazionali e tante medie aziende del food ha portato alla sviluppo di filiere integrate ad alto tasso tecnologico nell’automazione e packaging che oggi valgono ben 37 mila occupati e quasi 7 miliardi di esportazioni. È il caso di Abrigo, azienda di Diano d’Alba nata negli anni ‘70 come piccola officina fornitrice di componenti per il confezionamento dei prodotti di casa Nutella. «Più Ferrero cresce più aumentano gli standard tecnologici delle nostre macchine», spiega Luca Brizio, business development manager della società. Per stare al passo dello sviluppo tumultuoso di Ferrero la società cuneese si è trasformata in una specialista nell’automazione robotizzata nel packaging e nel taglio a ultrasuoni. Ha aperto sedi in Cina, Usa e in India. E ha costituito un gruppo, una mini-filiera integrata, dal software alle macchine, composta da quattro società del territorio: B&B Automation, Domini Officine e Sea Control. «Così nasce il gruppo Adnet con un giro d’affari di 35-40 milioni di euro l’anno. L’80% del nostro fatturato è legato a Ferrero ma lavoriamo con tutti i big di settore: Nestlè, Caffarel, Balocco, Lactalis». La filiera dell’agritech, dai trattori Merlo fino alle macchine per i panifici di Unipan, si concentra nel Cuneese e nell’Astigiano. «Siamo diventati la prima provincia d’Italia per esportazioni di food — dice Ferruccio Dardanello vice presidente vicario di Unioncamere Piemonte — l’eccellenza del prodotto finito è l’orgoglio del territorio, perché ha saputo creare una filiera ad alto tasso di innovazione. Il food è già oggi è uno dei motori del Piemonte».

L’industria per il vino

Nel mondo ogni qualvolta si stappa una bottiglia si brinda al Piemonte. Perché c’è una buona probabilità che la macchina per imbottigliare spumante o Nebbiolo sia nata in uno dei distretti a maggior valore aggiunto della regione, quello del packaging per bevande. «Esportiamo l’82% del nostro fatturato. È poco noto ma quando facciamo una gara all’estero i nostri concorrenti sono perlopiù italiani, spesso vicini di casa», dice Giovanni Gai di Gai Imbottigliatrice di Cappelli (Cuneo), 90 dipendenti e 50 milioni di ricavi, che realizza prodotti (da mille a 20mila bottiglie l’ora) per la nobiltà dei vini piemontesi da Conterno a Gaja fino alle birre Baladin e Russian River. «Il nostro è un lavoro delicato. Applichiamo la tecnologia per conservare la qualità espressa dai prodotti e aumentare l’efficienza produttiva degli impianti. In questa fascia di mercato premium in pratica non ci sono concorrenti esteri». Tra i campioni piemontesi del comparto ci sono anche Fimer Bottling a Canelli e le macchine etichettatrici della torinese Electradue.

Il modello Cuneo vince. Perché «autarchico», fatto di poche esternalizzazioni, quasi tutto prodotto in casa e tecnologicamente avanzato. Ma sconta una lentezza a fare il salto dimensionale. Perlopiù si tratta di aziende padronali, solide e prudenti, polverizzate in tante Pmi e restie a lanciarsi in aggregazioni e alla crescita per linee esterne. In Piemonte fa eccezione il percorso di Guala Closures, leader nei sistemi di chiusura per bevande, che fattura 600 milioni di euro, si è quotata in Borsa e continua a crescere per acquisizioni. Per Franco Biraghi, presidente delle imprese alimentari di Confindustria Piemonte e titolare di Valgrana, questo modello di «sviluppato ragionato» permette di arginare le crisi. «Per crescere ancora forse ci vorrebbero più aggregazioni, ma oggi mi preoccupa di più il blocco totale del turismo. In pochi ci pensano ma se la gente non esce e non si sposta consumerà solo alcune tipologie di prodotti. Noi rischiamo di finire azzoppati. E se superiamo l’auto per peso specifico non sarà certo perché abbiamo fato un buon risultato, ma solo perché perderemo di meno».

Se frena l’export

I consumi alimentari, con il pianeta chiuso per lockdown, viaggiano a doppia cifra. Ma vengono a mancare tutti i canali della ristorazione, alberghi, crociere e scricchiola quindi anche l’export. «Se perdiamo per un semestre i ristoranti americani per noi è un vero problema», spiega Paolo Damilano, del gruppo Damilano (vini, acqua Valmora e pastificio Defilippis). «Il mercato interno, che ci auguriamo possa sbloccarsi presto, non è sufficiente a garantire una buona performance». Per Alberto Balocco, presidente e ad di Balocco di Fossano, bisogna correre al più preso ai ripari. «Il nostro export vale il 15% del fatturato. Sui prodotti da prima colazione stiamo andando molto bene, ma l’incremento dei consumi domestici non compensa la perdita di fatturato dei dolci da ricorrenza di questa Pasqua che si annuncia molto triste».